La società mi diceva: la prostituzione non è il problema, la prostituzione è fantastica, sei tu il problema!

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Translation: Resistenza Femminista

Siamo entrate in contatto con Huschke Mau nel 2014 quando scrisse una lettera (“Ich hab die Schnauze voll von euch ProstitutionsbefürworterInnen“-“Sono stufa e disgustata da voi sostenitori della prostituzione”) che fece il giro del mondo indirizzata ad una proprietaria di bordello che sosteneva che il vero problema della prostituzione fosse lo stigma. Per la prima volta una donna che era stata prostituita nei bordelli tedeschi prendeva parola contro il sistema regolamentarista denunciando come la prostituzione non fosse un lavoro, ma violenza maschile contro le donne. Nel 2016 Huschke è stata intervistata da Iacona in occasione di una puntata di “Presa Diretta” dedicata al disastro del modello tedesco. Avevamo incontrato Iacona poco prima durante una presentazione del suo libro “Utilizzatori finali” e avevamo parlato di modello nordico, di come in Germania la liberalizzazione dell’industria del sesso avesse portato ad una spaventosa violazione dei diritti umani delle donne prostituite. L’inchiesta di Iacona è stata importante per far conoscere al grande pubblico la verità su quello che stava accadendo nel mega-bordello d’Europa. Nel 2018 Huschke ha fondato Netzwerk Ella un’associazione di donne che sono state o si trovano ancora nella prostituzione allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla realtà della prostituzione, la necessità di adottare il modello nordico, offrire sostegno ed alternative valide alle donne prostituite e colpire la domanda di sfruttamento sessuale. Per le donne che hanno vissuto la violenza della prostituzione in Germania è ancora più difficile riuscire ad uscire visto che la società tedesca per effetto della legge regolamentarista considera normale che una donna sia sfruttata in un bordello, la violenza è occultata sotto la formula del “lavoro come un altro”. Per questo quando Huschke decide di uscire dopo 10 anni di violenze  non ha ricevuto nessun aiuto, le è stato risposto che se non le andava più di ‘lavorare’ nel bordello poteva lasciare quel lavoro e fare altro. Ma la banalizzazione, la normalizzazione e l’occultamento della violenza della prostituzione non hanno cancellato i  gravi traumi che le donne sviluppano a causa degli stupri reiterati dei compratori. Huschke e le donne della sua associazione denunciano come le donne prostituite debbano affrontare le conseguenze non solo a breve termine della prostituzione (effetti sulla salute, emarginazione sociale, difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro ecc.), ma anche quelle a lungo termine come la sindrome da stress post-traumatico con l’aggravante che questa violenza non è riconosciuta dalla Germania ridotta a Stato pappone. Quello che conta in un regime misogino patriarcale come quello tedesco è che il business miliardario dello sfruttamento dei corpi delle donne continui a prosperare e che i bisogni dei compratori siano soddisfatti a qualsiasi costo. I cosiddetti gruppi “per i diritti delle sex worker” non offrono alcun sostegno a chi chiede di uscire, ma adesso grazie all’impegno di attiviste sopravvissute come Huschke le donne si stanno organizzando, un numero sempre maggiore prende parola pubblicamente di fronte a media e politici in contesti internazionali e non accettano più di non essere ascoltate. Di recente Huschke ha tenuto un importante discorso a Mainz, nella sala del Parlamento del Rheinland-Pfalz, in occasione dell’assegnazione del premio offerto dalla Einkraftstiftung che ha riconosciuto il suo impegno fondamentale nella difesa dei diritti umani.

Ringraziamo di cuore la nostra amica Huschke per averci autorizzate a tradurre il suo discorso, siamo con lei e tutte le donne della sua associazione che si stanno battendo perché nessuna donna o bambina debba più vivere la violenza della prostituzione. La vostra forza è la nostra forza!

Grazie anche a Monika Barz e a Giovanna Camertoni di Arcilesbica per la segnalazione.  

Grazie per il riconoscimento sentito e per il premio.

Mi chiamo Huschke Mau, sono stata con alcune pause per 10 anni nella prostituzione. Come nel caso di molte donne e ragazze ero traumatizzata dal punto di vista sessuale, mi trovavo in una situazione di grave difficoltà economica e un uomo mi ha introdotta nella prostituzione. Nel mio caso questo uomo era un poliziotto tedesco- il mio primo sfruttatore. Sono stata prostituita in appartamenti adibiti a bordelli e nell’escorting.

Ho impiegato molto tempo per uscire, mi ci sono voluti molti anni. Quando ho contattato un centro di sostegno e ho chiesto aiuto per uscire dalla prostituzione mi hanno risposto:  “il lavoro non è il problema, questo è un lavoro come un altro. Ma se NON vuoi più farlo semplicemente non andare più nel bordello ed è fatta”. Non ho mai più chiesto aiuto. Per molto tempo non ho parlato di quello che avevo vissuto nella prostituzione. Quando ho lasciato il mio appartamento guardavo i maxi cartelloni con gli annunci che pubblicizzano i bordelli. Quando prenotavo un taxi dovevo specificare che ne volevo uno che non avesse gli annunci che pubblicizzavano i bordelli. Quando leggevo i giornali parlavano di ‘sex work’. Era come se la società mi dicesse: “La prostituzione non è il problema, la prostituzione è fantastica, sei tu il problema!” Lo scontro perenne su quello che poteva essere fatto a me e le altre donne mi ha zittita per lungo tempo.

Nel 2014 l’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso fu quando lessi un’intervista con una proprietaria di bordello che affermava che l’unico aspetto traumatizzante della prostituzione era lo stigma. I clienti erano tutti alla mano e carini.

Questo mi fece scrivere la mia prima lettera “Sono stufa e disgustata da voi sostenitori della prostituzione”. In soli tre giorni è stata tradotta in altre lingue. Da allora ho cominciato a scrivere, ad intervenire in conferenze e ho aperto la mente delle persone sulla prostituzione.  Ho fatto capire loro cosa accade veramente nella prostituzione. Che la prostituzione è sempre violenza perché il denaro non compra il consenso. Che la regolamentazione avvantaggia solo i proprietari di bordello, ma non noi, le donne che hanno vissuto la violenza della prostituzione. Che per noi, le prostituite, non esiste alcun programma di uscita, ma solo multe. Che non è cambiato niente in questo sistema perché anche se una di noi riesce ad uscire un’altra donna viene buttata dentro, perché la prostituzione è un business redditizio per i proprietari di bordello e gli sfruttatori. Per noi, che ci troviamo nella prostituzione non è redditizio, veniamo lasciate con il disturbo da stress post-traumatico.

Non abbiamo bisogno solo che le donne escano dalla prostituzione. Abbiamo bisogno che l’intera società abbandoni la prostituzione!  E questo è possibile solo riconoscendo che la prostituzione è violenza sessuale e punendo i perpetratori.

Nel gennaio del 2018 ho fondato Netzwerk Ella. Siamo un’associazione di donne che sono state o si trovano ancora nella prostituzione. Tutte siamo d’accordo nel dire che abbiamo vissuto o stiamo ancora vivendo un’esperienza di violenza e chiediamo il Modello nordico. Chiediamo che  la società ci ascolti su quello che i clienti fanno alle donne prostituite e devono essere perseguiti per questo. Ma la società ancora non vuole guardare a fondo la realtà.

Di recente sono stata a Monaco ad una conferenza organizzata da Kofra. Due donne di Netzwerk Ella Malren e Sophie hanno partecipato alla conferenza con me. Quando Sophie ha detto alle persone del pubblico come era stata indotta alla prostituzione da un uomo più vecchio, una donna dal pubblico ha chiesto quale fosse il problema delle ragazze di 14 anni che si fanno abbordare e prostituire in quel modo. Questo mi ha sconvolta profondamente. La domanda non è qual è il problema delle ragazze – la domanda è qual è il problema degli uomini che abbordano una quattordicenne, la abusano e la buttano nella prostituzione, la comprano e la vendono. Ma non sono gli uomini a doversi vergognare per quello che fanno, siamo noi, quelle che hanno subito la violenza della prostituzione che veniamo incolpate.

Sono quattro anni adesso che prendo parola di fronte ai media, politici, autorità e molte, molte persone sulla prostituzione. Il mio scopo è quello di sensibilizzare le persone perché la prostituzione non accade “da qualche parte” ma è proprio in mezzo a noi, e l’unico modo per affrontarla dal mio punto di vista è introdurre il Modello nordico che è il modello abolizionista.

Noi, le abolizioniste, non siamo state le prime ad essere arrivate alla conclusione che la prostituzione sia un oltraggio alle donne e che la colpevolizzazione, il controllo e la criminalizzazione delle donne mentre i clienti vengono lasciati liberi sia espressione di una doppia morale. Non siamo le prime neanche ad aver capito che lottare contro la prostituzione non significa lottare contro le prostituite. Le donne nella prostituzione spesso non hanno scelta. Abbiamo bisogno di offrire vie d’uscita, alternative. I clienti scelgono. Nessuna persona, nessuna emergenza li costringe a comprarci ed abusarci. Abbiamo bisogno di questo cambio di prospettiva.

Quando Brunhilde Schierl di Einkraftstiftung  mi ha contattata sono stata veramente felice. Ci siamo conosciute dopo una lunga chiacchierata nella quale mi ha parlato di Einkraftstiftung e io gli ho raccontato di Netzwerk Ella. Abbiamo scoperto che entrambe combattevamo contro la violenza sessuale sulle donne e per la difesa della dignità umana.

Il premio riconosce questo, che per noi, le donne che sono state nella prostituzione, e continuo a definirmi così anche se sono una studentessa di dottorato che sta scrivendo la tesi, è difficile e doloroso parlare del nostro trauma. Questo ci costa sonno, serenità, forza, energia, una vita senza aver paura.

Non sarei mai stata in grado di prendere parola se non avessi avuto così tante persone dalla mia parte che mi hanno dato forza. Il fatto che la Germania imperiale del diciannovesimo secolo avesse delle abolizioniste mi ha dato forza. Il fatto che ho il miglior gatto del mondo mi dà forza. Il fatto che le donne siano solidali con me e con tutte noi, mi dà forza. E anche questo riconoscimento oggi mi dà forza. Voglio ringraziare vivamente Ms Schierl e le persone che hanno organizzato questo evento.

Sono stata la prima donna uscita dalla prostituzione a prendere parola. Con Netzwerk Ella molte altre seguiranno il mio esempio. Fino a quando nessuno potrà più ignorarci.

Grazie per avermi ascoltata.

COSA RENDE COSI DIFFICILE USCIRE DALLA PROSTITUZIONE?

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Traduzione  all’ italiano di Tilo Pez

 

Ogni tanto, mi chiedono perché è così difficile uscire della prostituzione?. A me costo anni, continuavo a ritornare  – questo non è stato solo il mio caso. Quello che fa che sia così difficile lasciare è la complessità della situazione. Quando sono andata a chiedere aiuto per uscire dalla prostituzione  al  servizio sociale d’assistenza, mi hanno risposto: “ se non vuoi farlo più, non tornare al bordello”. Ma non è  così semplice ne facile.

 

La maggioranza delle prostituite, hanno sulle spalle esperienze terribili con le autorità o l’istituzione pubbliche. Tanto per cominciare, sono le stesse istituzioni  la ragione per la quale  ci sono le donne prostituite. Tutte quelle che come me, hanno imparato lo facile che è cadere nel pozzo attraverso il sistema sociale in Germania, sanno dove non devi andare quando hai bisogno di aiuto. Nel mio caso, i servizi sociali hanno detto che ero fuggita di casa, e non che ero stata vittima di tratta e  violenze, ma semplicemente che ero scapata  perché “non ricevevo sufficiente paghetta”. L’aiuto che ho ricevuto, e solo grazie agli sforzi di alcune  lavoratrici sociali  del centro di aiuto per le bambine, ma: finisce quando compi 18 anni. Nessuno  considera lo difficile che è la situazione delle donne diventate adulte e  traumatizzate, che non hanno più contatto con i genitori, ne  alcun appoggio e che non hanno un euro. Ricordo che nel centro c’era una bambina di 10 anni che entro perché suo padre la stuprava ripetutamente. Gli assistenti l’obbligarono a sedersi di fronte al padre  per “confrontarsi”,  per “parlare”. Il padre ha ammesso  tutto  e ha chiesto scusa e quelli del servizio dei giovani hanno detto alla bambina: “ Vedi  ti ha chiesto scuse, non lo rifarà. Puoi tornare a casa”. Sono quasi certa che quella bambina non chiederà mai più aiuto ad una istituzione ufficiale. Tutti questi uffici, la sicurezza sociale, l’ufficio di borse per studenti (1), ufficio per l’impiego, per l’alloggio….tutti dicono  sempre lo stesso: “ non è di nostra competenza”,  così vedrai sempre  che la tua richiesta  non viene accettata. E “ Se i tuoi genitori non firmano la richiesta (2) sicuramente sarà perché il tuo comportamento è stato pessimo. Comunque sarà sempre colpa della bambina, sempre e comunque. Hai mai pensato in chiedere scusa alle autorità?”. Nell’ufficio per la casa ti rispondono sempre: “Stiamo processando la sua richiesta, già da quasi un anno,  a breve li faremo sapere qualcosa. Cosa è questo? Già non puoi pagare  l’affitto? Bene;  non hai più un appartamento?, allora non hai più diritto al nostro  contributo economico, e così procederemo anche alla cancellazione della tua richiesta” . Conosco prostituite che vogliono uscire, ma l’ufficio per l’impiego ti nega il appoggio economico indispensabile o ti minacciano con sospenderlo, 3 mesi di stipendi finiscono subito  sul “contratto” d’affitto con il bordello, già che in realtà non siamo disoccupate. Altre vogliono smettere ma non ricevono alcun sussidio di disoccupazione perché all’ufficio per l’impiego  ti rispondono che sicuramente hai un negozio in nero nel mondo della prostituzione e per tanto ricevi già altri ingressi – ipotizzando delle   somma di denaro completamente immaginarie basate nella pura fantasia, calcolata in maniera tale che si possa ridurre il monto del sussidio nel rarissimo caso  lo concedano.

 

Chi finisce nella prostituzione, poi continua in lei perché questo tipo di vita non si deve ad “una libera scelta” ma ad una scelta tra solo due alternative ( muori di fame/vivi in strada o ti prostituisci) e qui il dilemma.

 

I centri d’aiuto e  assistenza per uscire della prostituzione in Germania non stanno dalla parte della donna prostituita. Mimikry ( un centro di assistenza per donne in prostituzione) ha celebrato il suo anniversario a Monaco di Baviera (Munich) con la proprietaria di una agenzia di signorine di compagnie, Stephanie Klee, così vediamo che stanno appoggiando agli sfruttatori del sindacato. Il direttore dell’ufficio di Salute Pubblica di Dresde, che dirige il centro di assistenza, appare molto spesso come relatore negli eventi a favore della prostituzione  e glorifica la stessa come una gran offerta per i puttanieri, con o senza incapacità. Kasandra di  Nüremberg, è arrivata addirittura  a sostenere che la violenza nella prostituzione non è frequente e che le prostituite non devono essere considerate  un “gruppo a rischio”, poiché questo  gli stigmatizza e le espone alla violenza. Dichiara questo mentre in Germania più di 70 prostituite sono state assassinate da quando la prostituzione è stata legalizzata nel 2002. La maggioranza di questi centri parlano di “lavoro sessuale” e si dedicano di più a collaborare per l’ingresso nella prostituzione che per aiutare le donne prostituite ad uscire di essa ( come Hydra a Berlino) e sostengono che il maggiore problema con il quale si confrontano le donne prostituite è quello dello “stigma” e non il “lavoro” in se. Conosco donne che sono arrivate ad alcuni centri e li è stato detto che il problema non era il lavoro, ma loro, perché erano loro stesse che non si orientavano bene dentro la prostituzione. Come? con quale opzione? può essere come “accompagnatrice” o “sadomaso”….?  Vai ad uno di questi centri e non solo ti negano l’aiuto, ma  faranno in modo tale di farti pure vergognare.

 

Un altro grave problema è la mancanza di alternative. La situazione lavorale in Germania non è di colore rosa. E’ molto difficile trovare lavoro per quelli che hanno qualche piccolo antecedente e sanzioni nei contesti della prostituzione ( per esempio non rispettare le zone regolamentate mentre stanno “lavorando”, droghe….) o i vuoti nel proprio CV che non si possono riempire neanche con la migliore delle immaginazioni. A parte questo, le donne che passano anni nella prostituzione non hanno alcuna esperienza lavorativa o ne hanno veramente  poche e a volte non possiedono neanche una formazione professionale. Così se qualcuna ha lasciato la prostituzione recentemente, normalmente deve combattere con i disordini psicologici come conseguenza dei traumi,  normalmente è la Sindrome di stress postraumatico. E questo significa che non hanno una stabilità emozionale ed è  probabile  che non durano molto tempo nei nuovi lavori. E cosi ti ritroverai senza denaro, e alla fine vai a fare quello che sai e puoi fare, e torni a “lavorare”. Ne una sola prostituita che conosco ha la sufficiente fiducia in se per chiedere lavori appropriati.

 

Dobbiamo sempre tenere presente il trauma. La maggioranza delle prostituite soffrono della Sindrome  di stress postraumatico, che è la stessa classe di trauma, di cui  soffrono le vittime di tortura o di guerra. Soffrono di ansietà, mancanza di fiducia, comportamenti ossessivi (per esempio lavarsi  compulsivamente o rituali ripetitivi e  senza alcun senso ma che si suppone ti danno sicurezza , del tipo tocco legno quanto ho cattivi pensieri, e come  mi assillano troppo spesso, quando non posso toccare legno, mi prende un attacco di panico. So che può sembrare una pazzia e che non serve niente, ma non posso evitare di farlo).

 

Quando sono passata da lavorare nel bordello a fare la badante, non ero più abituata ad uscire di giorno. Non sopportavo la luce del giorno, lo stesso succede a molte di noi. A tutti quelli che li sono stati violati giornalmente e a tutte le ore  i propri  limiti vitali, può succedere che non sia più capace di stare con altre persone, perché di una maniera o di un’altra il suo sistema di allarme interno e sempre allerta: “ Attenzione qua c’è un uomo!!!”. Non voglio cominciare qua quello che suppone stare nella strada,  e poi ti cominciano i sintomi,  ad avere i flashbacks, gli incubi con i disordini del sonno che ti sfiniscono. E’ quasi impossibile occultare tutti questi sintomi e riuscire a portare una “vita normale”. Ti senti comunque  “ diversa” degli altri, inferiore, più ferita. Rotta.  Le persone ti fanno paura,  sopratutto quelle   “normali” perché sono quello che te non puoi essere:  senza preoccupazioni, senza ferite, senza paura. Tutto. Bene. Di buon umore. Per sopravvivere nella prostituzione devi separare la tua coscienza del tuo corpo, dissociare. Il  vero problema è che poi non puoi più invertirlo. E il tuo corpo continua a non connettersi con la tua anima, con la tua psiche. Senti costantemente che non sei te stessa. A me è costato anni imparare a sentire e cosa fare, se quello che sento è fame, significa che devo mangiare qualcosa. O se quello che esperimento è freddo, allora mi devo coprire. E’ stancante imparare, riapprendere, che il tuo corpo ha le sue necessita, sentirle, e lo più difficile in assoluto è  imparare che devi prenderti cura di te stessa. A non tornare a odiarti e trattarti come si fossi una merda. A dormire quando sei stanca, perché non sei più nel bordello  H 24,  aspettando il prossimo cliente. Che non devi più passare freddo per stare nella strada vendendoti  mentre   la temperatura è sotto zero. Riuscire a cambiare le situazioni che ti fanno sentire male invece di stordirti con droghe e alcool. Ma non ti liberi del trauma  facilmente, soltanto ti abitui a convivere con lui. Questo fenomeno si chiama “trauma di attaccamento”, ed è la ragione per cui le donne maltrattate dai  mariti continuano a stare con loro. In pratica diventi addita di te stessa. Uguale per tutte le  situazioni violente che  sono bene conosciute per chi è stata prostituita. Anche se io l’ho imparato da quando ero  bambina: il luogo che mi fa paura, è il luogo dove vengo degradata, è il luogo al quale appartengo. E la mia casa. Per questo, ancora oggi, mi risulta difficile controllarmi nelle situazione di pericolo e tardo nel decidere si combattere o fuggire. In questo tipo di situazione  sono una merda, anche se  ad oggi ho molto migliorato:  li sento, le riconosco. Le situazioni in cui la gente è amabile con me, non mi grida, non mi picchia, non abusa di me, mi spaventano, mi  fanno paura. Perché mi sento subito inferiore. Il mio subconscio mi dice: “qualcosa di non buono succede qua, è strano”.

 

La  prostituzione E’ il mezzo con cui potere  autoinfliggersi   dolore.

 

Le tossicodipendenze sono un altro degli ostacoli da superare per uscire. Molte prostituite si desensibilizzano con  droghe, l’alcool, sigarette, perché quella è l’unica maniera per continuare a funzionare. Questo automaticamente  sviluppa l’altra  dinamica e pronto ti ritrovi  con i problemi di dipendenza da gestire.

 

E’ difficile trovare un terapeuta per ex-prostituite, anche perché molti terapeuti, sia uomini che donne, non accettano de considerare alla prostituzione come una forma di violenza. Per affrontare la terapia di ricupero c’è bisogno di tempo e coraggio, per iniziare e poi proseguirla. ( un giorno di questi scriverò un libro sulla terapia).

Ai terapeuti come a tutta la società le risulta difficile riconoscere che la prostituzione occasiona seri danni, non solo alla società nel suo insieme, ma anche ad ogni prostituita singolarmente. Uscire della prostituzione quando lo che si vede o crede “da fuori” è che è qualcosa di completamente normale, che si può annunciare tranquillamente nei tabelloni delle strade principali, o negli annunci che si lasciano nei parabrezza, e quando gli articoli che parlano del tema ci chiamano “lavoratrici sessuali”, o elegantemente “ persone che offrono servizi sessuali” , e quando ti trovi con gli articoli che minimizzano o incluso    rilanciano…tutto questo ti affetta. Per non parlare della gente che sente il bisogno di chiamare alle  sopravvissute  che hanno il coraggio di raccontare il proprio vissuto:  “ sporche puttane”, “cacciatrici di fortune”, “che solo hanno voglia di soldi”o di “mala vita” e scriverlo giusto sotto gli articoli che queste donne hanno pubblicato o delle interviste che hanno rilasciato. Uscire perchè poi ti  dicano che tutto questo è stato solo “colpa tua”, perché “ hai fatto le scelte sbagliate”, o che stai mentendo, tutto questo che te degradano totalmente,  significa che forze è meglio  restare nella prostituzione

 

La percezione che hai di te stessa è  una autostima quasi inesistente, che  isola alla maggioranza delle prostituite dal intorno sociale di no-prostituzione. Dopo passare anni nell’ambiente della prostituzione, la maggioranza o quasi tutte le prostituite si conoscono tra di loro. Nella pratica è un mondo parallelo. Alla fine arrivi a convincerti che “il mondo reale” è questo . Perché non hai neanche  una puntina di fiducia negli  esseri umani e molto meno nei maschi. Sai per averlo vissuto sulla tua pelle,   quello di cui  sono capace  e per tanto conosci molto bene e che significa questa facciata del “mondo reale”, perché i puttanieri non solo esistono nel mondo parallelo, ma anche in questo così detto  “mondo normale”. Solo che nel mondo normale quello che succede è che ti fanno vergognare a te  per essere una (ex) prostituta, ma non solo i puttanieri, ma anche tutti gli altri . Mentre i puttanieri non solo non si vergognano, non le interessa e addirittura si vantano. Stando così le cose, meglio continuare nella prostituzione: in comparazione con gli altri luoghi, al meno pare un mondo meno ipocrita, la  violenza contro il denaro, tutto il mondo sa quello che fai, tutti fanno lo stesso, tutti conosciamo le sue norme e i suoi meccanismi.

 

Tutte le  prostituite, e anche  le tedesche, sono  messa sotto pressione se intenta cambiare  club o lasciare il bordello. Anche il cliente abituale deve acquistarti ogni volta. Una collega tedesca che ha voluto sparire del bordello ha avuto il proprietario del bordello attaccato ai piedi durante un anno intero. Le taglio le ruote, si infilo dentro casa sua, minaccio il fidanzato,  racconto  a suoi genitori quello che aveva fatto per soldi. Soltanto la lascio in pace dopo che lei li pago 3.000 euro ( questa quantità si conosce eufemisticamente come “debito nella quale incorrono le prostituite”. Lo che significa che è: una punizione per  essere arrivata in ritardo, per non avere prenotato la stanza, per non accettare un cliente, “ per una assenza “,  per l’affitto dell’abitazione, anche quando non la utilizzerai per esserti ammalata, ecc) E non parliamo dei “fidanzati” delle donne prostituite, che traggono pure loro benefici  del “lavoro”.

 

Tutto questo e senza avere presso in considerazione le prostituite straniere, quelle che non parlano tedesco, che solo conoscono i poliziotti corrotti del loro paese ( e qua  non sono sicure che la polizia sia libera della corruzione….) che teoricamente non hanno diritto ai sussidi sociali del paese, che non hanno assistenza sociale, che sono spostate ogni settimana,  da un bordello ad un altro delle diverse città, e che non sanno dove si trovano.

E anche si lo sapessero, a chi e dove  andare a chiedere aiuto?

 

Lo stato tedesco non  da alcun aiuto. Lascia il finanziamento della “Legge di Protezione per le Prostituite” nelle mani dei municipi, lo che assicura ai  puttanieri  la possibilità di continuare con le loro malefatte. E lo stato incassa le tasse  per  queste malefatte e si beneficia.

 

E questo fatto , ci porta a chiederci si lo stato avrà il minimo interesse in proteggere le donne e le bambine perché non finiscano prostituite, o in aiutare alle prostituite a uscire di essa. NON PUO’ ESSERE che questo sia il suo obbiettivo !!!

 

(c) Huschke Mau

(1) In Germania, gli studenti di famiglia con redditi bassi hanno diritto ad un prestito dallo stato per coprire le loro spesse. E’ un prestito che si deve restituire una volta che lo studente comincerà a lavorare, con un tasso d’interesse ridotto e ha condizioni speciali se lo studente ha figli o alcun famigliare vicino che attendere. Allo stesso tempo, la burocrazia rallenta la ripresa economica dello studente , e questo ritardo mette lo studente a rischio
(2) I genitori devono firmare la richiesta come riconoscimento dei propri  ingressi, perché lo studente possa avere accesso al prestito. Le autorità possono obbligare ai genitori a firmare, ma gli studenti devono sapere a che autorità dirigersi, e questi devono riuscire a farli firmare.

 

 

 

 

 

« Et je suis écœurée de vous, les partisans de la prostitution ! »

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Traduction : Sabina Becker et Martin Dufresne

Après avoir lu une interview de la lobbyiste pro-prostitution Stephanie Klee, Huschke Mau, une femme sortie de la prostitution, en a eu assez et répondu ce qui suit : « Je suis l’une de ces prostituées volontaires si souvent vantées », écrit-elle. « Et je suis écœurée de vous, les partisans de la prostitution. »

Chère Stephanie Klee,

Je me réfère à l’interview qu’a publiée de toi le magazine urbain Zitty Berlin, et je tiens d’abord à te remercier parce que si je ne l’avais pas lue, je garderais encore le silence. Tout d’abord : tu me permets de te tutoyer ? Car nos sommes des collègues, pour ainsi dire. Parce que oui, je ne connais que trop bien la prostitution, y ayant passé dix ans.

Sais-tu, je trouve tes déclarations sur la prostitution assez remarquables. Je m’étonne simplement que tu as oublié d’en mentionner certains éléments – des éléments qui m’apparaissent très importants.

Tout d’abord, tu as négligé la question fondamentale de savoir s’il existe réellement un besoin pour la prostitution. J’apprécie que, du moins, tu n’aies pas eu recours au bon vieux pseudo-argument banal selon lequel les taux de viol connaîtraient une hausse astronomique en l’absence de bordels. Un argument qui signifierait que les hommes sont incapables de contrôler leurs pulsions de loup-garou et que, s’ils ne venaient pas nous baiser le long des trottoirs, ils n’auraient d’autre choix que de violer).

Mais quel besoin a la société de la prostitution, Stéphanie ? Pourquoi avons-nous besoin du fait que les hommes soient autorisés à acheter des femmes (puisque la plupart des prostituées sont des femmes, et que ceux qui sont de sexe masculin desservent des acheteurs homosexuels) ? Comment expliques-tu ce fait et que t’apprend-il ? Apparemment, cela ne caractérise pas à tes yeux un rapport de force. Et voilà le premier point aveugle de ta position.

La seule personne

qui s’éclate dans la prostitution,

c’est le prostitueur-client !

Tu écris que la prostitution, c’est du sexe. Tu sais, à mes yeux, un rapport sexuel implique au moins deux personnes. Ce n’est pas la situation où l’une d’entre elles dessert exclusivement les souhaits du client, tout en étant forcée d’« écraser » sa propre sexualité et elle-même, sa personnalité.

J’aimerais te demander dans quel milieu de la prostitution tu vis si tu n’as pas remarqué que les « variétés » de « sexualités », à savoir les « souhaits » des prostitueurs, sont de plus en plus violents et de plus en plus destinés à humilier l’autre. Pourquoi ne lis-tu pas les forums internet où s’expriment les prostitueurs, chère Stephanie ? On y lit très clairement que les hommes (prostitueurs) ressentent comme une expression de leur pouvoir le fait de pouvoir cracher au visage des femmes dans les bordels et de leur « gicler » du sperme dans le corps ; ils peuvent tester le niveau de tolérance des femmes à la pénétration anales, leur éjaculer au visage et insister pour qu’elles avalent le sperme après leur avoir enfoncé la queue au fond de la gorge.

Lis donc le langage employé sur les forums de clients ? Lis comme ils prennent plaisir et s’excitent à savoir que la femme n’aiment pas cela et ne le fait que pour l’argent, parce qu’elle a besoin de ce maudit pognon ou parce qu’il y a un mec assis dans la pièce d’à côté.

Lis donc quel est le langage sur les forums de clients, lis donc comme cela les rend chauds, comme ils s’excitent à savoir que la femme n’aime pas cela et ne le fait que pour l’argent, mais qu’elle doit le faire, parce elle a besoin de ce maudit pognon ou parce qu’il y a un mec assis dans la pièce d’à côté. Vois comme ils testent et transgressent délibérément les limites et, même s’ils ne donnent pas libre cours à leur sadisme, ils en sont pleinement conscients. Dans la prostitution, il ne s’agit pas de sexe, mais de pouvoir. De pouvoir et rien d’autre. Ne fais pas semblant que les femmes pourraient y vivre leur sexualité : la seule personne qui s’éclate est le prostitueur, dont tu satisfais les volontés – à tes dépens.

Et non, Stephanie, le prostitueur n’oublie pas ce sentiment de puissance pour lequel il a payé. Il n’oublie pas que les femmes sont des êtres disponibles, qu’il peut se les approprier, qu’elles sont là pour satisfaire ses désirs à lui, qu’elles écrasent leur sexualité et leur âme dans l’acte sexuel, et n’ont droit à aucuns besoins, limites ou désirs. Oh, non. Il s’empare de ce sentiment qui assimile pour lui la sexualité au pouvoir et l’amène avec lui hors du bordel, et cela affecte ses relations avec les femmes qui ne se prostituent pas. La prostitution est une violence. Une machine à satisfaire les hommes.

Ne prétends pas n’avoir jamais ressenti la violence des prostitueurs, et ne me conte pas la belle histoire du client aimant et tendre qui ne veut qu’échanger des câlins et respecte toujours tes limites. L’Allemagne a légalisé la prostitution, et qu’est-ce que cela a donné ? Encore plus de prostitution et surtout une demande de plus en plus excessive. Et je n’entends pas seulement par là qu’il y a de plus en plus de prostitueurs, parce que les hommes ont bel et bien appris qu’il est OK d’acheter des femmes. (Oh, j’entends déjà le pseudo-argument voulant que ce ne soient pas les femmes que le client achète, mais un « service ». Quelle absurdité ! Peux-tu te débrancher de ta chatte, ton cul, tes seins, ta bouche et de ce que tu fais avec ? Non, c’est toujours la personne tout entière qui est touchée.)

Tu ne parles PAS en mon nom, ni au nom d’aucune prostituée que je connais !

Regarde simplement ce que réclament les prostitueurs : pouvoir embrasser, la « totale sans condom », la pénétration anale (sans condom non plus), la française totale (c’est à dire, l’avalement du sperme), le léchage de l’anus, la pénétration au poing, l’éjaculation au visage ; ils veulent des tournantes et des partys de viol, ils veulent des filles de plus en plus jeunes et des filles « sans tabous », conditionnées à faire TOUT ce que veulent les prostitueurs. Ils veulent de la baise à tarif forfaitaire, avec autant de filles et de femmes que possible, pour le simple prix d’entrée au club.

Comment t’expliques-tu cela ? Il est clair qu’avec la légalisation, la prostitution a révélé sa vraie nature : la violence. La mise à disposition absolue du corps des femmes. Une actualisation effrénée de la violence masculine. Et aussi, une torture sexualisée.

Parce que, chère Stephanie, si tu jetais un coup d’œil sur les forums de prostitueurs, tu verrais que ces hommes sont des misogynes. Qu’ils adorent tourmenter les femmes, les pousser aux limites de leur endurance. Et il y a autre chose : les prostitueurs veulent des prostituées sous contrainte. Parce qu’ils peuvent ainsi s’assurer qu’elles devront accepter des pratiques qu’auraient rejetées n’importe quelle prostituée allemande « décente » de la vieille école. Voilà ce que veulent les prostitueurs.

Comment réussis-tu à fermer les yeux sur le fait qu’il existe maintenant dans chaque ville plusieurs grands bordels et que presque toutes les femmes qui y travaillent parlent peu ou pas d’allemand ? Leurs « protecteurs » déposent le matin et viennent chercher en soirée des femmes offrant des pratiques qui les blessent et menacent leur santé. Penses-tu qu’elles aiment cela ? Seraient-elles toutes masochistes ? Et tu écris que pour ces femmes (venues de Roumanie ou de Bulgarie), la prostitution est une alternative splendide ? Penses-tu vraiment que la prostitution est une alternative splendide à la pauvreté ?

Tu parles de la prostitution comme si c’était quelque chose de souhaitable, censé être super pour les femmes et les filles. Pourquoi ne mentionnes-tu pas les raisons qui poussent les femmes à la prostitution ? Et je n’inscris même pas dans l’équation la prostitution sous contrainte. D’ailleurs, à quoi correspond la contrainte pour toi ? Le fait de devoir choisir la prostitution pour échapper à la pauvreté et à un avenir bouché ? Tu ne perçois pas ces facteurs comme une contrainte, mais comme une occasion super ? Pourtant, même les femmes qui entrent « volontairement » dans l’industrie s’y retrouvent sous contrainte.

C’est le cas par exemple quand le loyer des chambres est si élevé que les femmes doivent accepter un prostitueur, même à contrecœur, pour ne pas se retrouver couvertes de dettes envers le « locateur ». Ou quand elles n’osent pas refuser un prostitueur, pour ne pas s’attirer à nouveau les foudres des « gardiens » ou du propriétaire du bordel, qui n’aime pas quand ses filles ont la réputation d’être « difficiles ».

Tu suggères presque que les femmes sont dans cette industrie pour « s’éclater ». Chère Stephanie, je suis l’une de ces prostituées « volontaires » si souvent vantées. J’ai commencé à 18 ans, après 17 années de raclées et d’agressions sexuelles par mon beau-père, et après avoir fugué de chez moi, je me suis dit que je ne savais faire que cela, je n’étais bonne que pour la baise. Et de toute façon, si je ne suis bonne qu’à cela, eh bien, c’est maintenant ma police d’assurance-vie pour survivre.

Au début, je pensais que j’avais du pouvoir. Je me disais : ils sont même prêts à payer pour m’avoir. J’ai réglementé l’accès à mon corps par le biais de la prostitution. Voici ce que j’ai appris : de toute façon, tout le monde a le droit de te passer sur le corps. Puis, on m’a permis d’« opérer un filtrage » : Non, plus tous les hommes, mais seulement ceux qui peuvent se le payer.

Je ne suis pas la seule dans cette condition. Je n’ai pas rencontré une seule prostituée qui n’avait pas été violentée sexuellement ou violée dans l’enfance ou à l’âge adulte, ou qui n’avait pas vécu quelque autre forme de violence sexualisée. J’irais même jusqu’à dire que si notre société n’empêche pas efficacement l’agression massive des jeunes filles, c’est parce qu’elle s’en sert. L’agression sert de conditionnement précoce, comme on dresse un cheval. C’est pratique parce que, dans l’agression, les femmes et les filles apprennent à se dissocier, à se retirer de la situation au moment de l’acte, à ne plus être là (et c’est exactement ce que le prostitueur achète, l’abolition de la volonté de la femme à ce moment, parce qu’il a payé pour la faire disparaître).

Le lien entre l’agression sexuelle et la prostitution est établi et documenté de longue date : au moins 60 pour cent des femmes prostituées ont été agressées sexuellement dans l’enfance (d’autres statistiques parlent de 90 pour cent). La seule façon dont ces femmes « s’éclatent », Stephanie, est la reconstitution de leurs traumatismes, qu’elles espèrent arriver à dépasser mais, bien sûr, n’y arrivent pas. Et en sachant tout cela, tu ne veux pas qu’on offre de soutien pour sortir de la prostitution, mais plutôt pour y entrer, c’est bien cela ?

Ne prétends pas n’avoir jamais ressenti la violence des prostitueurs !

Il y a des femmes vivant dans la prostitution qui sont traumatisées et la prostitution les traumatise encore plus. Sinon, comment t’expliques-tu, chère Stephanie, qu’il y a des masses de prostituées (dont moi) qui souffrons de troubles de stress post-traumatique (des études révèlent au moins 60 pour cent de TSPT avérés) ?

Tu dis que la prostitution communique aux prostituées un sentiment d’euphorie, qu’elles sont heureuses de rendre le client heureux et d’avoir de l’argent dans les poches. Mais que signifie « rendre le client heureux », au fond ? Cela signifie seulement que j’ai réussi à retourner la violence contre moi-même (en supprimant ma personnalité, mon dégoût, ma révulsion et ma volonté), pour que le client puisse me faire violence en me mettant au service de ses envies. Et tu dis que c’est cela qui rend les prostituées heureuses ? Le bonheur de se dissocier et de ne pas être là ?

Tu prétends que la traumatisation de la prostituée ne débute que lorsqu’elle sort du bordel, et qu’elle tient à une discrimination sociale. À cet égard, j’aimerais te dire quelque chose, à toi qui penses qu’il devrait exister des programmes de soutien à l’entrée dans la prostitution plutôt que pour en sortir.

Je suis une de celles qui se sont prostituées, lorsque la prostitution en Allemagne a cessé d’offenser la moralité. Veux-tu savoir quel a été l’effet de cette légalisation ? Comme la majorité des prostituées, je ne me suis pas fait enregistrer en tant que prostituée, parce que je craignais de ne plus pouvoir échapper à ce statut. Parce que j’avais peur que l’on me demande pourquoi je ne voulais plus travailler comme prostituée, quand c’était maintenant un travail comme un autre. Et c’est exactement ce qui est arrivé quand j’ai voulu échapper au milieu. J’ai cherché de l’aide dans le réseau des soins de santé et n’ai trouvé qu’incompréhension. Et je n’ai pas réussi à m’échapper.

Qu’étais-je censée dire au bureau d’emploi quand je leur ai adressé une demande de prestations pour ne plus avoir à sucer dix bites par jour – afin de pouvoir avoir un logement et de quoi manger ? Ils m’auraient demandé comment j’avais gagné ma vie depuis les trois derniers mois ? Et si je leur avais dit, m’auraient-ils demandé pourquoi je ne voulais pas continuer à le faire, alors qu’il y avait un fantastique bordel tout près, qui engageait discrètement… ? Ou aurais-je dû prouver que je ne me prostituais plus ? Et comment prouver cela ?

Qu’étais-je censée dire au bureau d’emploi ?

Tu oublies également de parler du recours des prostituées aux drogues et à l’alcool, Stephanie. (Pourquoi ? Si tout y est si fantastique ? Mais apparemment, tout cela fait partie de la grande fête, de l’orgie, une façon de plus de s’éclater, non ?) Il y a tellement de choses que tu passes sous silence. Tu oublies la prostitution contrainte, la violence des clients, celle des macs (oups, on ne les appelle plus macs mais « partenaires », « agents de sécurité », « locateurs »). Tu oublies la haine des femmes, la haine de soi. Tu oublies les bénéfices que font les locateurs immobiliers, les propriétaires de maisons closes, les journaux (oui, ces annonces que publient les prostituées coûtent extrêmement cher), et le gouvernement (avec ses impôts). Tu oublies que tout ce monde s’enrichit aux dépens de la prostituée et l’exploite.

Qui en bénéficie le moins ? La prostituée. Elle reçoit la plus petite part de l’argent, tous profitent d’elle, tous en retirent quelque chose (du sexe, de l’argent, la satisfaction d’une soif de pouvoir), mais elle, à quoi a-t-elle droit ? À un trouble de stress post-traumatique, une dépendance à la drogue et beaucoup de solitude et de dégoût de soi. Tout cela n’est-il vraiment dû qu’à une discrimination sociale ?

C’est drôle, mais quand j’ai des flashbacks liés au stress post-traumatique issu de la prostitution, ce que j’ai comme images intérieures sont toujours celles de prostitueurs qui m’agressent ! Stephanie, demande donc aux trauma-thérapeutes d’où vient le stress post-traumatique dont souffrent les prostituées qui aboutissent éventuellement chez eux/elles (avec un peu de chance) ?

J’en ai marre de vous, les promoteurs de la prostitution, qui n’avez aucune idée de ce qu’elle implique et qui veulent me convaincre que la prostitution est un métier comme un autre. Je suis écœurée de vous voir tenter de conter à tout le monde la belle histoire de la merveilleuse prostitution volontaire. Vous qui n’avez aucune notion réelle de la prostitution mais qui, dans votre complaisante vision de gauche, débitez un baratin du genre « La prostitution a autrefois été l’expression d’un pouvoir sur les femmes, mais le rapport de forces est maintenant inversé et c’est la prostituée qui exerce le pouvoir sur le client. » Je n’ai jamais ressenti de pouvoir quand j’étais sous un damné micheton et je ne connais aucune femme qui ait déjà eu cette impression !

Vous qui êtes dans la prostitution et vous qualifiez de « travailleuses du sexe » me donnez envie de vomir. Parce que vous vous arrogez le droit de parler au nom de nous toutes, qui sommes dans la prostitution, et parce que vous amenez à croire que tout se passe bien les gens qui n’y sont pas (je parle des femmes, parce que les hommes savent en général la vérité, du fait d’être clients, mais ils ne vous diront jamais pourquoi ils vont au bordel, ce qu’ils y cherchent et ce qu’ils y font !)

Il est FAUX que tout se passe bien.

Je ne peux plus supporter de vous voir prétendre parler au nom de TOUTES les prostituées. Vous êtes une minorité dans la prostitution. Vous décrivez une réalité qui ne se passe pas comme ça. Vous niez aux victimes de violence leur statut de victimes, en les invitant même à s’en réjouir, sous prétexte que c’est une vie fantastique. Vos paroles réduisent au silence la MAJORITÉ des femmes prostituées.

Cette majorité qui s’enivre toujours en silence, qui se bourre de médicaments ou réitère sans cesse les violences qu’elles ont subies dans l’espoir futile d’apaiser leur douleur. Cette majorité qui, un jour ou l’autre, adopte la haine de ceux qui leur ont fait violence pour la transformer en haine de soi et entrer « volontairement » dans cette spirale de violence. Vous aspergez de votre mépris les femmes qui veulent témoigner de la violence qu’elles vivent dans la prostitution, en leur disant : « Eh bien, je suis désolée que VOUS avez connu de mauvaises expériences », comme si la violence n’était pas inhérente à la prostitution mais due à un « manque de professionnalisme » de la femme ou à une « personnalité endommagée qui la rend incapable de tolérer la recherche d’une expérience aussi fantastique ».

Vous ne libérez personne avec votre baratin néolibéral !

Vous voulez parler au nom de toutes ? Vous ne parlez PAS en mon nom ni en celui d’aucune prostituée que je connais. Vous exploitez simplement le fait que la plupart des prostituées sont trop occupées à tenter de survivre, trop traumatisées pour même prendre la parole. Je vous dénie le droit de parler au nom de toutes les prostituées, parce que vous silenciez celles qui pourraient désigner cette violence, vous exploitez leur silence et n’en faites même pas mention, ce qui contribue à les revictimiser.

Quand vous dites, « Chacun devrait pouvoir agir à sa guise », vous voulez dire, en réalité, que ce sont les prostitueurs et les proxénètes, ceux qui sont derrière vous, qui devraient pouvoir agir à leur guise, et non les prostituées.

Vous ne libérez personne avec votre baratin néolibéral. Quand vous dites que la prostitution devrait simplement être libérée de toute contrainte, sanction ou autre, et que tout irait bien, alors vous mentez, au nom d’une bien étrange théorie : Si les victimes de l’esclavage sont malheureuses du fait d’être esclaves, la solution est-elle de légaliser l’esclavage afin que les esclaves cessent de subir une « discrimination sociale » et puissent disposer d’une condition d’esclave améliorée mais permanente ?

Je ne vous salue pas,

Huschke Mau, huschke.mau@web.de

Lettera alla ministra del governo Manuela Schwesig

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Traduzione: simonasforza

Cara signora ministra Schwesig,

colgo l’occasione per scriverle perché ho visto che la proposta (QUI) di riforma della legge sulla prostituzione appena presentata porta i chiari segni delle lobby dei bordelli e dei papponi. È per questo che desidero chiederle di affrontare finalmente la realtà dei quartieri a luci rosse, invece di andare ad ascoltare le persone che raccontano la favola della prostituta felice e autodeterminata.

Sono uscita dalla prostituzione, dopo 10 anni. Perciò so bene di cosa si sta parlando. I motivi per cui ho iniziato sono tanti: una situaizione difficile nella mia famiglia di origine, nella quale sono stata massicciamente soggetta, insieme a mia madre, a violenze, anche sessuali, cosa che ha avuto un’influenza su di me, così come lo ebbe allora la favola della prostituta felice. Anche le necessità economiche e la mancanza di un aiuto psicologico e sociale hanno avuto il loro peso.
Sì, se vogliamo, sono entrata “volontariamente”. Io sono una delle prostitute volontarie, così spesso citate. Ma cosa significa volontaria, signora Schwesig, quando sei una persona traumatizzata da abusi sin dall’infanzia, arriva a prendere una decisione di questo tipo? Secondo me, la prostituzione ha significato un passo in avanti, perché avevo già imparato, che io in quanto ragazza, ero senza difese e senza diritti ed ero stata sessualmente abusata. In questo modo ho avuto modo di guadagnare soldi immediatamente e almeno garantirmi la sopravvivenza.

Se pensa che io sia un triste caso isolato, devo contraddirla. In questi dieci anni ho incontrato molte prostitute e non c’era nessuna tra di loro che non fosse stata abusata da bambina, picchiata o violentata da adulta. Ho riscontrato un comportamento compulsivo a continuare a rivivere il trauma attraverso la prostituzione, l’autostima spezzata dalla violenza, in molte prostitute. Sul tema della violenza nell’ambiente, da parte dei clienti – che ci fanno cose che non potete nemmeno immaginare, non ho neanche voglia di iniziare a parlarne qui.

Questa è la realtà dell’ambiente prostitutivo, signora Schwesig, e stiamo parlando di prostitute “volontarie”. E sì, anche loro soffrono di disturbi post-traumatici da stress, di dissociazione, di dipendenze da droga e alcol, perché non riescono a sopportarlo. Non voglio nemmeno parlare del fatto che il 90% delle prostitute in Germania non sono tedesche. Lascio a voi immaginare quali siano le loro condizioni di vita.

Lo scorso novembre scrissi una lettera aperta (QUI), perché non sopportavo più che la lobby pro-prostituzione continuasse a raccontare certe favole, come quella della libera puttana autodeterminata. La allego, nel caso lei desideri leggere cosa significa davvero prostituirsi. Perché se ne sente parlare così poco? Prima di tutto, perché la lobby pro-prostituzione ci intimorisce e ci minaccia (dopo quella lettera ho ricevuto delle email davvero brutte, piene di odio e di minacce), e in secondo luogo perché noi che siamo uscite siamo troppo traumatizzate per parlare.

Anche le donne non prostitute sono in qualche modo toccate dalla prostituzione, perché i clienti sono i loro uomini, che portano con sé ciò che hanno imparato nei bordelli – cioè a disprezzare le donne, a comprarle per torturarle – quando tornano a casa, nelle camere da letto delle loro stesse donne. La società viene brutalizzata, signora Schwesig. Si tratta di un ciclo infinito: quando la prostituzione è legalizzata, la domanda cresce, perché gli uomini imparano che è normale comprare un corpo di una donna, oltrepassare i limiti, avere il potere di violentare. La disponibilità cresce, il che significa che aumenta la prostituzione forzata. Questo a sua volta incrementa l’accettazione della prostituzione nella società, così la domanda cresce e così via.

Il 90% degli uomini tedeschi è già stato in un bordello. Un terzo di loro lo fa abitualmente. Signora Schwesig, sa cosa passa per la testa di questi uomini? Lo so perché ho vissuto in un bordello. Quegli stessi uomini a cui stringe la mano in modo amichevole oggi, domani sputeranno in faccia a una prostituta durante l’atto, oppure la costringeranno a ingoiare lo sperma, e impareranno a godere della sofferenza delle donne. Le piacerebbe vivere in una tale società? Non può essere la vostra prospettiva!

Non ci sarà mai una società sessualmente paritaria finché gli uomini compreranno le donne per poterle violentare. E non esiste nemmeno la prostituzione “pulita”!

È per questo motivo che le sto chiedendo di non ascoltare solo quelli favorevoli alla prostituzione, che sono tra l’altro spesso in gran parte guidati dai proprietari dei bordelli. Immergetevi un po’ più a fondo nella palude e incontrerete trafficanti di esseri umani e la criminalità organizzata. Ascolti anche i professionisti che si occupano di curare i traumi e le sopravvissute. La lobby della prostituzione non deve parlare al posto delle prostitute o delle sopravvissute! È composta da nemmeno 100 persone, che non ci rappresentano, 300.000 prostiute in Germania, ma che ci minacciano e lavorano contro i nostri interessi!

Noi non vogliamo fare questo lavoro. Non abbiamo bisogno della legalizzazione! Non abbiamo bisogno di qualcuno che sostenga che non vogliamo la registrazione, l’uso obbligatorio del preservativo, ecc.! Sì, noi vogliamo queste cose! E vorremmo più di ogni altra cosa non dover più fare questo lavoro. E che gli uomini che ci violentano siano puniti. Abbiamo bisogno di alternative, non essere più imbrigliate nei distruttivi poteri disumani dell’ambiente prostitutivo!

Cara signora Schwesig, non è passato molto tempo da quando ho lasciato la prostituzione: 3 anni. Ho avuto il mio primo cliente a 18 anni. Sapete di cosa avrei avuto bisogno durante i dieci anni in cui sono stata prostituta, nel corso dei quali sono stata picchiata, violentata, traumatizzata, disprezzata, e malata anima e corpo? Un aiuto e una società sensibilizzata, che non pensasse che io desiderassi “godermela” e che fossi felice di essere abusata.

Non conosco nessuna prostituta che lo fa volentieri. Non conosco nessuna sopravvissuta che non soffra di disordini post-traumatici da stress. Tutte le donne che conosco sono state distrutte dalla prostituzione.
Si prega di vietare questa disumana, indegna prostituzione. E se questo per lei non è possibile, occorre cercare di ridurla il più possibile. Grazie per aver letto la mia lettera.

Huschke Mau