La società mi diceva: la prostituzione non è il problema, la prostituzione è fantastica, sei tu il problema!

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Translation: Resistenza Femminista

Siamo entrate in contatto con Huschke Mau nel 2014 quando scrisse una lettera (“Ich hab die Schnauze voll von euch ProstitutionsbefürworterInnen“-“Sono stufa e disgustata da voi sostenitori della prostituzione”) che fece il giro del mondo indirizzata ad una proprietaria di bordello che sosteneva che il vero problema della prostituzione fosse lo stigma. Per la prima volta una donna che era stata prostituita nei bordelli tedeschi prendeva parola contro il sistema regolamentarista denunciando come la prostituzione non fosse un lavoro, ma violenza maschile contro le donne. Nel 2016 Huschke è stata intervistata da Iacona in occasione di una puntata di “Presa Diretta” dedicata al disastro del modello tedesco. Avevamo incontrato Iacona poco prima durante una presentazione del suo libro “Utilizzatori finali” e avevamo parlato di modello nordico, di come in Germania la liberalizzazione dell’industria del sesso avesse portato ad una spaventosa violazione dei diritti umani delle donne prostituite. L’inchiesta di Iacona è stata importante per far conoscere al grande pubblico la verità su quello che stava accadendo nel mega-bordello d’Europa. Nel 2018 Huschke ha fondato Netzwerk Ella un’associazione di donne che sono state o si trovano ancora nella prostituzione allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla realtà della prostituzione, la necessità di adottare il modello nordico, offrire sostegno ed alternative valide alle donne prostituite e colpire la domanda di sfruttamento sessuale. Per le donne che hanno vissuto la violenza della prostituzione in Germania è ancora più difficile riuscire ad uscire visto che la società tedesca per effetto della legge regolamentarista considera normale che una donna sia sfruttata in un bordello, la violenza è occultata sotto la formula del “lavoro come un altro”. Per questo quando Huschke decide di uscire dopo 10 anni di violenze  non ha ricevuto nessun aiuto, le è stato risposto che se non le andava più di ‘lavorare’ nel bordello poteva lasciare quel lavoro e fare altro. Ma la banalizzazione, la normalizzazione e l’occultamento della violenza della prostituzione non hanno cancellato i  gravi traumi che le donne sviluppano a causa degli stupri reiterati dei compratori. Huschke e le donne della sua associazione denunciano come le donne prostituite debbano affrontare le conseguenze non solo a breve termine della prostituzione (effetti sulla salute, emarginazione sociale, difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro ecc.), ma anche quelle a lungo termine come la sindrome da stress post-traumatico con l’aggravante che questa violenza non è riconosciuta dalla Germania ridotta a Stato pappone. Quello che conta in un regime misogino patriarcale come quello tedesco è che il business miliardario dello sfruttamento dei corpi delle donne continui a prosperare e che i bisogni dei compratori siano soddisfatti a qualsiasi costo. I cosiddetti gruppi “per i diritti delle sex worker” non offrono alcun sostegno a chi chiede di uscire, ma adesso grazie all’impegno di attiviste sopravvissute come Huschke le donne si stanno organizzando, un numero sempre maggiore prende parola pubblicamente di fronte a media e politici in contesti internazionali e non accettano più di non essere ascoltate. Di recente Huschke ha tenuto un importante discorso a Mainz, nella sala del Parlamento del Rheinland-Pfalz, in occasione dell’assegnazione del premio offerto dalla Einkraftstiftung che ha riconosciuto il suo impegno fondamentale nella difesa dei diritti umani.

Ringraziamo di cuore la nostra amica Huschke per averci autorizzate a tradurre il suo discorso, siamo con lei e tutte le donne della sua associazione che si stanno battendo perché nessuna donna o bambina debba più vivere la violenza della prostituzione. La vostra forza è la nostra forza!

Grazie anche a Monika Barz e a Giovanna Camertoni di Arcilesbica per la segnalazione.  

Grazie per il riconoscimento sentito e per il premio.

Mi chiamo Huschke Mau, sono stata con alcune pause per 10 anni nella prostituzione. Come nel caso di molte donne e ragazze ero traumatizzata dal punto di vista sessuale, mi trovavo in una situazione di grave difficoltà economica e un uomo mi ha introdotta nella prostituzione. Nel mio caso questo uomo era un poliziotto tedesco- il mio primo sfruttatore. Sono stata prostituita in appartamenti adibiti a bordelli e nell’escorting.

Ho impiegato molto tempo per uscire, mi ci sono voluti molti anni. Quando ho contattato un centro di sostegno e ho chiesto aiuto per uscire dalla prostituzione mi hanno risposto:  “il lavoro non è il problema, questo è un lavoro come un altro. Ma se NON vuoi più farlo semplicemente non andare più nel bordello ed è fatta”. Non ho mai più chiesto aiuto. Per molto tempo non ho parlato di quello che avevo vissuto nella prostituzione. Quando ho lasciato il mio appartamento guardavo i maxi cartelloni con gli annunci che pubblicizzano i bordelli. Quando prenotavo un taxi dovevo specificare che ne volevo uno che non avesse gli annunci che pubblicizzavano i bordelli. Quando leggevo i giornali parlavano di ‘sex work’. Era come se la società mi dicesse: “La prostituzione non è il problema, la prostituzione è fantastica, sei tu il problema!” Lo scontro perenne su quello che poteva essere fatto a me e le altre donne mi ha zittita per lungo tempo.

Nel 2014 l’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso fu quando lessi un’intervista con una proprietaria di bordello che affermava che l’unico aspetto traumatizzante della prostituzione era lo stigma. I clienti erano tutti alla mano e carini.

Questo mi fece scrivere la mia prima lettera “Sono stufa e disgustata da voi sostenitori della prostituzione”. In soli tre giorni è stata tradotta in altre lingue. Da allora ho cominciato a scrivere, ad intervenire in conferenze e ho aperto la mente delle persone sulla prostituzione.  Ho fatto capire loro cosa accade veramente nella prostituzione. Che la prostituzione è sempre violenza perché il denaro non compra il consenso. Che la regolamentazione avvantaggia solo i proprietari di bordello, ma non noi, le donne che hanno vissuto la violenza della prostituzione. Che per noi, le prostituite, non esiste alcun programma di uscita, ma solo multe. Che non è cambiato niente in questo sistema perché anche se una di noi riesce ad uscire un’altra donna viene buttata dentro, perché la prostituzione è un business redditizio per i proprietari di bordello e gli sfruttatori. Per noi, che ci troviamo nella prostituzione non è redditizio, veniamo lasciate con il disturbo da stress post-traumatico.

Non abbiamo bisogno solo che le donne escano dalla prostituzione. Abbiamo bisogno che l’intera società abbandoni la prostituzione!  E questo è possibile solo riconoscendo che la prostituzione è violenza sessuale e punendo i perpetratori.

Nel gennaio del 2018 ho fondato Netzwerk Ella. Siamo un’associazione di donne che sono state o si trovano ancora nella prostituzione. Tutte siamo d’accordo nel dire che abbiamo vissuto o stiamo ancora vivendo un’esperienza di violenza e chiediamo il Modello nordico. Chiediamo che  la società ci ascolti su quello che i clienti fanno alle donne prostituite e devono essere perseguiti per questo. Ma la società ancora non vuole guardare a fondo la realtà.

Di recente sono stata a Monaco ad una conferenza organizzata da Kofra. Due donne di Netzwerk Ella Malren e Sophie hanno partecipato alla conferenza con me. Quando Sophie ha detto alle persone del pubblico come era stata indotta alla prostituzione da un uomo più vecchio, una donna dal pubblico ha chiesto quale fosse il problema delle ragazze di 14 anni che si fanno abbordare e prostituire in quel modo. Questo mi ha sconvolta profondamente. La domanda non è qual è il problema delle ragazze – la domanda è qual è il problema degli uomini che abbordano una quattordicenne, la abusano e la buttano nella prostituzione, la comprano e la vendono. Ma non sono gli uomini a doversi vergognare per quello che fanno, siamo noi, quelle che hanno subito la violenza della prostituzione che veniamo incolpate.

Sono quattro anni adesso che prendo parola di fronte ai media, politici, autorità e molte, molte persone sulla prostituzione. Il mio scopo è quello di sensibilizzare le persone perché la prostituzione non accade “da qualche parte” ma è proprio in mezzo a noi, e l’unico modo per affrontarla dal mio punto di vista è introdurre il Modello nordico che è il modello abolizionista.

Noi, le abolizioniste, non siamo state le prime ad essere arrivate alla conclusione che la prostituzione sia un oltraggio alle donne e che la colpevolizzazione, il controllo e la criminalizzazione delle donne mentre i clienti vengono lasciati liberi sia espressione di una doppia morale. Non siamo le prime neanche ad aver capito che lottare contro la prostituzione non significa lottare contro le prostituite. Le donne nella prostituzione spesso non hanno scelta. Abbiamo bisogno di offrire vie d’uscita, alternative. I clienti scelgono. Nessuna persona, nessuna emergenza li costringe a comprarci ed abusarci. Abbiamo bisogno di questo cambio di prospettiva.

Quando Brunhilde Schierl di Einkraftstiftung  mi ha contattata sono stata veramente felice. Ci siamo conosciute dopo una lunga chiacchierata nella quale mi ha parlato di Einkraftstiftung e io gli ho raccontato di Netzwerk Ella. Abbiamo scoperto che entrambe combattevamo contro la violenza sessuale sulle donne e per la difesa della dignità umana.

Il premio riconosce questo, che per noi, le donne che sono state nella prostituzione, e continuo a definirmi così anche se sono una studentessa di dottorato che sta scrivendo la tesi, è difficile e doloroso parlare del nostro trauma. Questo ci costa sonno, serenità, forza, energia, una vita senza aver paura.

Non sarei mai stata in grado di prendere parola se non avessi avuto così tante persone dalla mia parte che mi hanno dato forza. Il fatto che la Germania imperiale del diciannovesimo secolo avesse delle abolizioniste mi ha dato forza. Il fatto che ho il miglior gatto del mondo mi dà forza. Il fatto che le donne siano solidali con me e con tutte noi, mi dà forza. E anche questo riconoscimento oggi mi dà forza. Voglio ringraziare vivamente Ms Schierl e le persone che hanno organizzato questo evento.

Sono stata la prima donna uscita dalla prostituzione a prendere parola. Con Netzwerk Ella molte altre seguiranno il mio esempio. Fino a quando nessuno potrà più ignorarci.

Grazie per avermi ascoltata.

COSA RENDE COSI DIFFICILE USCIRE DALLA PROSTITUZIONE?

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Traduzione  all’ italiano di Tilo Pez

 

Ogni tanto, mi chiedono perché è così difficile uscire della prostituzione?. A me costo anni, continuavo a ritornare  – questo non è stato solo il mio caso. Quello che fa che sia così difficile lasciare è la complessità della situazione. Quando sono andata a chiedere aiuto per uscire dalla prostituzione  al  servizio sociale d’assistenza, mi hanno risposto: “ se non vuoi farlo più, non tornare al bordello”. Ma non è  così semplice ne facile.

 

La maggioranza delle prostituite, hanno sulle spalle esperienze terribili con le autorità o l’istituzione pubbliche. Tanto per cominciare, sono le stesse istituzioni  la ragione per la quale  ci sono le donne prostituite. Tutte quelle che come me, hanno imparato lo facile che è cadere nel pozzo attraverso il sistema sociale in Germania, sanno dove non devi andare quando hai bisogno di aiuto. Nel mio caso, i servizi sociali hanno detto che ero fuggita di casa, e non che ero stata vittima di tratta e  violenze, ma semplicemente che ero scapata  perché “non ricevevo sufficiente paghetta”. L’aiuto che ho ricevuto, e solo grazie agli sforzi di alcune  lavoratrici sociali  del centro di aiuto per le bambine, ma: finisce quando compi 18 anni. Nessuno  considera lo difficile che è la situazione delle donne diventate adulte e  traumatizzate, che non hanno più contatto con i genitori, ne  alcun appoggio e che non hanno un euro. Ricordo che nel centro c’era una bambina di 10 anni che entro perché suo padre la stuprava ripetutamente. Gli assistenti l’obbligarono a sedersi di fronte al padre  per “confrontarsi”,  per “parlare”. Il padre ha ammesso  tutto  e ha chiesto scusa e quelli del servizio dei giovani hanno detto alla bambina: “ Vedi  ti ha chiesto scuse, non lo rifarà. Puoi tornare a casa”. Sono quasi certa che quella bambina non chiederà mai più aiuto ad una istituzione ufficiale. Tutti questi uffici, la sicurezza sociale, l’ufficio di borse per studenti (1), ufficio per l’impiego, per l’alloggio….tutti dicono  sempre lo stesso: “ non è di nostra competenza”,  così vedrai sempre  che la tua richiesta  non viene accettata. E “ Se i tuoi genitori non firmano la richiesta (2) sicuramente sarà perché il tuo comportamento è stato pessimo. Comunque sarà sempre colpa della bambina, sempre e comunque. Hai mai pensato in chiedere scusa alle autorità?”. Nell’ufficio per la casa ti rispondono sempre: “Stiamo processando la sua richiesta, già da quasi un anno,  a breve li faremo sapere qualcosa. Cosa è questo? Già non puoi pagare  l’affitto? Bene;  non hai più un appartamento?, allora non hai più diritto al nostro  contributo economico, e così procederemo anche alla cancellazione della tua richiesta” . Conosco prostituite che vogliono uscire, ma l’ufficio per l’impiego ti nega il appoggio economico indispensabile o ti minacciano con sospenderlo, 3 mesi di stipendi finiscono subito  sul “contratto” d’affitto con il bordello, già che in realtà non siamo disoccupate. Altre vogliono smettere ma non ricevono alcun sussidio di disoccupazione perché all’ufficio per l’impiego  ti rispondono che sicuramente hai un negozio in nero nel mondo della prostituzione e per tanto ricevi già altri ingressi – ipotizzando delle   somma di denaro completamente immaginarie basate nella pura fantasia, calcolata in maniera tale che si possa ridurre il monto del sussidio nel rarissimo caso  lo concedano.

 

Chi finisce nella prostituzione, poi continua in lei perché questo tipo di vita non si deve ad “una libera scelta” ma ad una scelta tra solo due alternative ( muori di fame/vivi in strada o ti prostituisci) e qui il dilemma.

 

I centri d’aiuto e  assistenza per uscire della prostituzione in Germania non stanno dalla parte della donna prostituita. Mimikry ( un centro di assistenza per donne in prostituzione) ha celebrato il suo anniversario a Monaco di Baviera (Munich) con la proprietaria di una agenzia di signorine di compagnie, Stephanie Klee, così vediamo che stanno appoggiando agli sfruttatori del sindacato. Il direttore dell’ufficio di Salute Pubblica di Dresde, che dirige il centro di assistenza, appare molto spesso come relatore negli eventi a favore della prostituzione  e glorifica la stessa come una gran offerta per i puttanieri, con o senza incapacità. Kasandra di  Nüremberg, è arrivata addirittura  a sostenere che la violenza nella prostituzione non è frequente e che le prostituite non devono essere considerate  un “gruppo a rischio”, poiché questo  gli stigmatizza e le espone alla violenza. Dichiara questo mentre in Germania più di 70 prostituite sono state assassinate da quando la prostituzione è stata legalizzata nel 2002. La maggioranza di questi centri parlano di “lavoro sessuale” e si dedicano di più a collaborare per l’ingresso nella prostituzione che per aiutare le donne prostituite ad uscire di essa ( come Hydra a Berlino) e sostengono che il maggiore problema con il quale si confrontano le donne prostituite è quello dello “stigma” e non il “lavoro” in se. Conosco donne che sono arrivate ad alcuni centri e li è stato detto che il problema non era il lavoro, ma loro, perché erano loro stesse che non si orientavano bene dentro la prostituzione. Come? con quale opzione? può essere come “accompagnatrice” o “sadomaso”….?  Vai ad uno di questi centri e non solo ti negano l’aiuto, ma  faranno in modo tale di farti pure vergognare.

 

Un altro grave problema è la mancanza di alternative. La situazione lavorale in Germania non è di colore rosa. E’ molto difficile trovare lavoro per quelli che hanno qualche piccolo antecedente e sanzioni nei contesti della prostituzione ( per esempio non rispettare le zone regolamentate mentre stanno “lavorando”, droghe….) o i vuoti nel proprio CV che non si possono riempire neanche con la migliore delle immaginazioni. A parte questo, le donne che passano anni nella prostituzione non hanno alcuna esperienza lavorativa o ne hanno veramente  poche e a volte non possiedono neanche una formazione professionale. Così se qualcuna ha lasciato la prostituzione recentemente, normalmente deve combattere con i disordini psicologici come conseguenza dei traumi,  normalmente è la Sindrome di stress postraumatico. E questo significa che non hanno una stabilità emozionale ed è  probabile  che non durano molto tempo nei nuovi lavori. E cosi ti ritroverai senza denaro, e alla fine vai a fare quello che sai e puoi fare, e torni a “lavorare”. Ne una sola prostituita che conosco ha la sufficiente fiducia in se per chiedere lavori appropriati.

 

Dobbiamo sempre tenere presente il trauma. La maggioranza delle prostituite soffrono della Sindrome  di stress postraumatico, che è la stessa classe di trauma, di cui  soffrono le vittime di tortura o di guerra. Soffrono di ansietà, mancanza di fiducia, comportamenti ossessivi (per esempio lavarsi  compulsivamente o rituali ripetitivi e  senza alcun senso ma che si suppone ti danno sicurezza , del tipo tocco legno quanto ho cattivi pensieri, e come  mi assillano troppo spesso, quando non posso toccare legno, mi prende un attacco di panico. So che può sembrare una pazzia e che non serve niente, ma non posso evitare di farlo).

 

Quando sono passata da lavorare nel bordello a fare la badante, non ero più abituata ad uscire di giorno. Non sopportavo la luce del giorno, lo stesso succede a molte di noi. A tutti quelli che li sono stati violati giornalmente e a tutte le ore  i propri  limiti vitali, può succedere che non sia più capace di stare con altre persone, perché di una maniera o di un’altra il suo sistema di allarme interno e sempre allerta: “ Attenzione qua c’è un uomo!!!”. Non voglio cominciare qua quello che suppone stare nella strada,  e poi ti cominciano i sintomi,  ad avere i flashbacks, gli incubi con i disordini del sonno che ti sfiniscono. E’ quasi impossibile occultare tutti questi sintomi e riuscire a portare una “vita normale”. Ti senti comunque  “ diversa” degli altri, inferiore, più ferita. Rotta.  Le persone ti fanno paura,  sopratutto quelle   “normali” perché sono quello che te non puoi essere:  senza preoccupazioni, senza ferite, senza paura. Tutto. Bene. Di buon umore. Per sopravvivere nella prostituzione devi separare la tua coscienza del tuo corpo, dissociare. Il  vero problema è che poi non puoi più invertirlo. E il tuo corpo continua a non connettersi con la tua anima, con la tua psiche. Senti costantemente che non sei te stessa. A me è costato anni imparare a sentire e cosa fare, se quello che sento è fame, significa che devo mangiare qualcosa. O se quello che esperimento è freddo, allora mi devo coprire. E’ stancante imparare, riapprendere, che il tuo corpo ha le sue necessita, sentirle, e lo più difficile in assoluto è  imparare che devi prenderti cura di te stessa. A non tornare a odiarti e trattarti come si fossi una merda. A dormire quando sei stanca, perché non sei più nel bordello  H 24,  aspettando il prossimo cliente. Che non devi più passare freddo per stare nella strada vendendoti  mentre   la temperatura è sotto zero. Riuscire a cambiare le situazioni che ti fanno sentire male invece di stordirti con droghe e alcool. Ma non ti liberi del trauma  facilmente, soltanto ti abitui a convivere con lui. Questo fenomeno si chiama “trauma di attaccamento”, ed è la ragione per cui le donne maltrattate dai  mariti continuano a stare con loro. In pratica diventi addita di te stessa. Uguale per tutte le  situazioni violente che  sono bene conosciute per chi è stata prostituita. Anche se io l’ho imparato da quando ero  bambina: il luogo che mi fa paura, è il luogo dove vengo degradata, è il luogo al quale appartengo. E la mia casa. Per questo, ancora oggi, mi risulta difficile controllarmi nelle situazione di pericolo e tardo nel decidere si combattere o fuggire. In questo tipo di situazione  sono una merda, anche se  ad oggi ho molto migliorato:  li sento, le riconosco. Le situazioni in cui la gente è amabile con me, non mi grida, non mi picchia, non abusa di me, mi spaventano, mi  fanno paura. Perché mi sento subito inferiore. Il mio subconscio mi dice: “qualcosa di non buono succede qua, è strano”.

 

La  prostituzione E’ il mezzo con cui potere  autoinfliggersi   dolore.

 

Le tossicodipendenze sono un altro degli ostacoli da superare per uscire. Molte prostituite si desensibilizzano con  droghe, l’alcool, sigarette, perché quella è l’unica maniera per continuare a funzionare. Questo automaticamente  sviluppa l’altra  dinamica e pronto ti ritrovi  con i problemi di dipendenza da gestire.

 

E’ difficile trovare un terapeuta per ex-prostituite, anche perché molti terapeuti, sia uomini che donne, non accettano de considerare alla prostituzione come una forma di violenza. Per affrontare la terapia di ricupero c’è bisogno di tempo e coraggio, per iniziare e poi proseguirla. ( un giorno di questi scriverò un libro sulla terapia).

Ai terapeuti come a tutta la società le risulta difficile riconoscere che la prostituzione occasiona seri danni, non solo alla società nel suo insieme, ma anche ad ogni prostituita singolarmente. Uscire della prostituzione quando lo che si vede o crede “da fuori” è che è qualcosa di completamente normale, che si può annunciare tranquillamente nei tabelloni delle strade principali, o negli annunci che si lasciano nei parabrezza, e quando gli articoli che parlano del tema ci chiamano “lavoratrici sessuali”, o elegantemente “ persone che offrono servizi sessuali” , e quando ti trovi con gli articoli che minimizzano o incluso    rilanciano…tutto questo ti affetta. Per non parlare della gente che sente il bisogno di chiamare alle  sopravvissute  che hanno il coraggio di raccontare il proprio vissuto:  “ sporche puttane”, “cacciatrici di fortune”, “che solo hanno voglia di soldi”o di “mala vita” e scriverlo giusto sotto gli articoli che queste donne hanno pubblicato o delle interviste che hanno rilasciato. Uscire perchè poi ti  dicano che tutto questo è stato solo “colpa tua”, perché “ hai fatto le scelte sbagliate”, o che stai mentendo, tutto questo che te degradano totalmente,  significa che forze è meglio  restare nella prostituzione

 

La percezione che hai di te stessa è  una autostima quasi inesistente, che  isola alla maggioranza delle prostituite dal intorno sociale di no-prostituzione. Dopo passare anni nell’ambiente della prostituzione, la maggioranza o quasi tutte le prostituite si conoscono tra di loro. Nella pratica è un mondo parallelo. Alla fine arrivi a convincerti che “il mondo reale” è questo . Perché non hai neanche  una puntina di fiducia negli  esseri umani e molto meno nei maschi. Sai per averlo vissuto sulla tua pelle,   quello di cui  sono capace  e per tanto conosci molto bene e che significa questa facciata del “mondo reale”, perché i puttanieri non solo esistono nel mondo parallelo, ma anche in questo così detto  “mondo normale”. Solo che nel mondo normale quello che succede è che ti fanno vergognare a te  per essere una (ex) prostituta, ma non solo i puttanieri, ma anche tutti gli altri . Mentre i puttanieri non solo non si vergognano, non le interessa e addirittura si vantano. Stando così le cose, meglio continuare nella prostituzione: in comparazione con gli altri luoghi, al meno pare un mondo meno ipocrita, la  violenza contro il denaro, tutto il mondo sa quello che fai, tutti fanno lo stesso, tutti conosciamo le sue norme e i suoi meccanismi.

 

Tutte le  prostituite, e anche  le tedesche, sono  messa sotto pressione se intenta cambiare  club o lasciare il bordello. Anche il cliente abituale deve acquistarti ogni volta. Una collega tedesca che ha voluto sparire del bordello ha avuto il proprietario del bordello attaccato ai piedi durante un anno intero. Le taglio le ruote, si infilo dentro casa sua, minaccio il fidanzato,  racconto  a suoi genitori quello che aveva fatto per soldi. Soltanto la lascio in pace dopo che lei li pago 3.000 euro ( questa quantità si conosce eufemisticamente come “debito nella quale incorrono le prostituite”. Lo che significa che è: una punizione per  essere arrivata in ritardo, per non avere prenotato la stanza, per non accettare un cliente, “ per una assenza “,  per l’affitto dell’abitazione, anche quando non la utilizzerai per esserti ammalata, ecc) E non parliamo dei “fidanzati” delle donne prostituite, che traggono pure loro benefici  del “lavoro”.

 

Tutto questo e senza avere presso in considerazione le prostituite straniere, quelle che non parlano tedesco, che solo conoscono i poliziotti corrotti del loro paese ( e qua  non sono sicure che la polizia sia libera della corruzione….) che teoricamente non hanno diritto ai sussidi sociali del paese, che non hanno assistenza sociale, che sono spostate ogni settimana,  da un bordello ad un altro delle diverse città, e che non sanno dove si trovano.

E anche si lo sapessero, a chi e dove  andare a chiedere aiuto?

 

Lo stato tedesco non  da alcun aiuto. Lascia il finanziamento della “Legge di Protezione per le Prostituite” nelle mani dei municipi, lo che assicura ai  puttanieri  la possibilità di continuare con le loro malefatte. E lo stato incassa le tasse  per  queste malefatte e si beneficia.

 

E questo fatto , ci porta a chiederci si lo stato avrà il minimo interesse in proteggere le donne e le bambine perché non finiscano prostituite, o in aiutare alle prostituite a uscire di essa. NON PUO’ ESSERE che questo sia il suo obbiettivo !!!

 

(c) Huschke Mau

(1) In Germania, gli studenti di famiglia con redditi bassi hanno diritto ad un prestito dallo stato per coprire le loro spesse. E’ un prestito che si deve restituire una volta che lo studente comincerà a lavorare, con un tasso d’interesse ridotto e ha condizioni speciali se lo studente ha figli o alcun famigliare vicino che attendere. Allo stesso tempo, la burocrazia rallenta la ripresa economica dello studente , e questo ritardo mette lo studente a rischio
(2) I genitori devono firmare la richiesta come riconoscimento dei propri  ingressi, perché lo studente possa avere accesso al prestito. Le autorità possono obbligare ai genitori a firmare, ma gli studenti devono sapere a che autorità dirigersi, e questi devono riuscire a farli firmare.